04/2024

Mensili da VILLA ROMANA – 04/2024

di Elena Agudio

Il quarto dispaccio di quest’anno è un ricettacolo di semi. È dall'inizio della nuova stagione e del mese appena trascorso che curiamo, piantiamo e ci occupiamo di semi di vario genere. Non è che ci siamo trasformati tutti in giardinieri, ma - qui nella House for Mending, Troubling, and Repairing - sentiamo il bisogno di concentrarci su piccoli gesti, micro-azioni di protezione verso la vita. Gesti quasi materni, se così si può dire. Vediamo le macerie e le tante devastazioni che si parano davanti ai nostri occhi, sentiamo l'eco del dolore, delle guerre che si consumano brutalmente e della crisi climatica planetaria inesorabile. Leggendo le parole di un filosofo che scrive dall'altra parte del tunnel dell’autostrada e dell'Appennino – a Bologna - ci rendiamo conto che quello che stiamo facendo, forse, è anche un po’ una forma di diserzione. La rubrica di questo disertore ci raggiunge da qualche settimana e ci spinge a riflettere ancor più insistentemente sull'urgenza di ciò che siamo chiamati a fare, come comunità di artisti. Disertare non perché vigliacchi, ma perché abbastanza coraggiosi da cercare vie di fuga per sfuggire ai loop inarrestabili della violenza, del consumismo incessante e dell’oppressione.

Abbiamo un giardino: scaviamo e cresciamo con esso. Nutriamo semi e piantine, custodiamo la loro vita.

Da quando i borsisti di Villa Romana 2024 sono con noi, molti sono i semi e le idee in germinazione che ci sono stati portati a Firenze. Alcuni in senso letterale, come con Monai de Paula Antunes, che con il marito e le figlie ha portato qui, per l'intera comunità di Villa Romana, una grande numero di semi e da aprile ha iniziato a piantarli in piccoli vasi e poi nella terra. Altri, come Tuli Mekondjo, in senso letterale ma anche allegorico, con il suo continuare a prendersi cura delle bambole della fertilità del popolo Aawambo, bambole che l’artista aveva ricreato per il suo recente progetto alla Haus der Kulturen der Welt di Berlino: oggetti/soggetti che un tempo venivano tramandate di generazione in generazione per aiutare le donne nella maternità e supportare la fertilità della sua comunità, e che furono rubate dai tedeschi durante il periodo coloniale in Namibia. Altri borsisti stanno prendendosi cura di germinare nuovi percorsi di ricerca, come Sergio Zavallos, che si sta addentrando in studi approfonditi sul naturalista ed esploratore italiano Antonio Raimondi e sta raccogliendo semi di informazioni da diversi ricercatori e fonti italiane; o Ruben D'Hèrs, che sperimenta senza sosta con la pittura e con il suono, coltivando e intrecciando diverse indagini e pratiche.

Da qualche settimana i nostri borsisti sono stati ispirati a scavare più a fondo anche grazie alla presenza di altri artisti nella casa. Dalla fine di marzo, infatti, abbiamo accolto i nostri residenti di Testing Grounds, artisti che abbiamo potuto invitare per una residenza di tre mesi alla Villa, grazie a una sovvenzione di Culture Moves Europe: Saverio Cantoni, Yuni Chung e Gabriella Hirst. Insieme alla nostra collaboratrice e partner in crime Marleen Boschen, stiamo curando un programma specifico con loro, continuando a sperimentare ulteriormente i diversi progetti che abbiamo avviato nel giardino dall'anno scorso, e abbracciando la loro ricerca e immaginazione impegnata attraverso gesti e progetti “agropoetici”.

La casa è piena e lo spessore intellettuale che si respira nell'aria è denso. I ritmi sono molteplici e multiformi, ma le diverse poetiche degli artisti e delle persone che vivono nella casa pulsano all'unisono.

Al momento non abbiamo una mostra, ma potete sempre venire a trovarci!

Su invito della nostra borsista Monai de Paula Antunes, la scorsa metà di aprile abbiamo organizzato un Garden Day, esortando cittadini e attivisti (soprattutto i più giovani) a partecipare a una giornata di semina ma anche di scambio di idee, materiali e conoscenze per supportare la creazione di una biblioteca di semi di Villa Romana.  

Mentre eravamo a Venezia con alcuni borsisti e residenti, abbiamo avuto la fortuna di ricevere - in modo del tutto fortuito - alcuni semi della cooperativa di Somankidi Coura: un dono di Raphael Grisey, che onora il lavoro del nostro comune amico e collega, l'artista recentemente scomparso Bouba Touré. Non potevamo non sentirci immediatamente riconnessi a un così grande collega e agitatore, e allo straordinario progetto della cooperativa in Mali.  Coltiveremo ocra in sua memoria.

Nelle ultime settimane, di sole e pioggia, di caldo e freddo umido, quello che abbiamo fatto principalmente - oltre al lavoro d'ufficio - è stato sicuramente seminare, ma anche riunirci, parlare, cucinare e desinare insieme. Abbiamo tenuto workshop e abbiamo fatto radio: su iniziativa della nostra borsista Monai de Paula Antunes, siamo stati in diretta su FM a Berlino con Archipel Community Radio Stations, con una conversazione intima e riflessiva quanto stimolante tra lei e Tuli Mekondjo, che ha visto la partecipazione di Sergio Zevallos. Alcuni di noi hanno viaggiato, come la nostra Tuli che la scorsa settimana ha tenuto una performance alla Ford Foundation di New York - curata dalla nostra brillante collega Beya Othmani - tra tanta ammirazione per il suo importante e commovente lavoro. In Villa, abbiamo avuto il piacere di accogliere, tra gli altri, colleghe come Lisa Marei Schmidt e la curatrice Kari Conte per studio visits, e di ospitare artisti prolifici e generosi come Marysia Lewandowska – che, conoscendo il nostro rapporto di lunga data con il lavoro di Aby Warburg e con gli istituti di ricerca come il Kunsthistorisches Institute (KHI), ha iniziato ad approfondire la sua ricerca sulla figura di Gertrude Bing qui a Firenze.

Stiamo preparando e cucinando alcune soprese ed eventi imminenti.

Segnatevi nel calendario queste date:

- Il 30 maggio, presso l’artist-run-space After The Butcher di Berlino, inaugureremo il primo capitolo della mostra WE ARE GREATER THAN THE SUM OF OUR PARTS: the Villa Romana Fellows 2022 and multiple intertwined echoes from the Florence artists' house. L'inaugurazione sarà il primo di una serie di interventi con Haure Majid, Jasmina Metwaly, Neda Saaedi, Alexander Skorobogatov e altre voci in eco.

- Il 1° giugno si riunirà una giuria per selezionare i Villa Romana Fellows 2025. Non vediamo l'ora di sapere da chi sarà composta la prossima generazione di artisti che vivrà in Villa con noi! Quest'anno, i membri della giuria sono: Rajkamal Khalon (artista, Villa Romana Fellow 2019, professoressa di pittura alla HFBK di Amburgo) e Barbara Casavecchia (curatrice e direttrice di Mousse Magazine). I nominators sono: Andrea Lissoni (curatore, direttore della Haus der Kunst - München), Alvaro Urbano & Petrit Halilaj (artisti, Villa Romana Fellows 2014), Joanna Warsza (curatrice indipendente), Eli Cortiñas (artista e professoressa di Media Art presso l'Accademia di Belle Arti di Lipsia, HGB), Zasha Colah (curatrice della 13a Biennale di Berlino), Anne Duk Hee Jordan (artista, professoressa di Kunst Digitale Medien / Arts Digital Media presso l'Università di Arte e Design di Karlsruhe, HfG Karlsruhe).

- Il 2 giugno si inaugura la Trattoria Guaiana, un progetto dell'artista Niccolò Moronato con lo chef Prince Asford e Alice Jasmine Crippa. La Trattoria Guaiana è un progetto conviviale e partecipativo, un’opera multisensoriale pensata per esplorare il sapore e le sensazioni che si provano a vivere in una società in cui la tradizione non viene più utilizzata per rendere le persone “altre”.  Ispirata alla storia della “Guaiana Toscana”, il fallito progetto coloniale dei Medici nella regione oggi conosciuta come Guyana Francese (1608), e al destino dei sei Tupì che furono portati a Firenze a bordo della spedizione toscana senza più tornare a casa, la Trattoria Guaiana ospiterà cene, pranzi, pomeriggi di conversazione e sessioni di cucina mattutine con l'artista Niccolò Moronato e lo chef Prince Asford, insieme alla partner di ricerca Alice Jasmine Crippa e agli ospiti invitati. Prenotate il vostro tavolo o posto a sedere qui.

(After)Word
di Mistura Allison

La parola di questo mese è Fellowship.

Questo mese ho trovato il tempo di rivisitare due opere di Wole Soyinka, riflettendo in particolare sulle molteplici forme in cui la fellowship può manifestarsi.  Nel suo multiverso, la fellowship emerge non solo come tema, ma come etica fondante, che incarna le complessità della responsabilità collettiva in un mondo fratturato. Fellowship, nel contesto dell'opera di Soyinka, spesso trascende il semplice cameratismo tra coetanei per rivolgersi a una più profonda alleanza morale ed etica contro la tirannia e l'ingiustizia. Ciò è particolarmente evidente nelle sue opere teatrali e nel suo attivismo politico. In The Man Died: Prison Notes of Wole Soyinka, l'autore approfondisce le strazianti esperienze di prigionia senza processo sotto il regime civile della Nigeria. Qui la fellowship non è scontata, ma è una conquista provata e duramente guadagnata tra coloro che condividono la dura realtà dell'oppressione e la lotta per la dignità e la libertà. In Death and the King's Horseman, Soyinka esplora il modo in cui fellowship può colmare i divari tra la vita e la morte, tra il terreno e lo spirituale, tra l'individuo e la comunità. Questo dramma, basato su un evento reale durante la dominazione coloniale britannica, sottolinea la responsabilità collettiva della comunità nel sostenere la propria integrità culturale contro le perturbazioni esterne. Il tragico destino del protagonista illumina la possibilità che la comunione agisca sia come sostegno che come fardello, sollevando profonde domande sui confini dei destini individuali e collettivi. Mi viene in mente il concetto Yoruba di Omoluwabi, un termine che racchiude le virtù dell'onestà, del rispetto e dell'integrità. Questa filosofia informa la comprensione della comunione come tessuto morale ed etico che tiene insieme le comunità, una forza contraria al caos. È un appello per il ritorno a un fondamento morale collettivo, un richiamo all'interdipendenza degli individui all'interno di qualsiasi società.

The Garden as Studio
di Saverio Cantoni

PEPITE - Sonic Nuggets
dall'Archivio di Radio Papesse

L'ascolto che vi proponiamo questo mese è una storia familiare che mette in discussione il nostro rapporto con la disabilità e l'idea di normalità, è la storia di Gilles, Mathilde e Camille: due sorelle e un intruso... Gilles De la Tourette. Gilles, ma soeur et moi è un documentario di Camille Descroix; lo abbiamo ascoltato insieme per la prima volta a Lucia 2022 e ora lo portiamo con noi per una sessione di ascolti al Festival di Internazionale Kids a Reggio Emilia (10-12 maggio).

Ricette Evergreen
di Claudia Fromm

Ecco la ricetta contro gli ultimi freddi in aprile, con tante erbe spontanee del nostro giardino.

Zuppa di ceci in zimino con erbette selvatiche

Ingredienti per 4 persone:

500 g di ceci lessati con l´acqua di cottura

4-5 cucciai tra sedano, cipolla, aglio e carota tritati

circa 500 g di erbe spontanee miste, in aprile sono: beta vulgaris (bietola), hypochaeris radicata (piattello), sonchus asper (grespino, cicerbita), salvia pratensis (salvia dei prati), crepis vesicaria (radichiella), plantago lanceolata (piantaggine), silene vulgaris (maidenstears), lamium purpureum (falsa ortica)

1 bicchiere di salsa di pomodoro

1 manciata di funghi porcini secchi

rosmarino

sale, peperoncino

olio di oliva

Preparazione:

Mettete in ammollo i funghi per 10 minuti, poi tritateli. Tritate il sedano/carota/cipolla/aglio e lavate le erbette, poi tagliatele a listarelle. Frullate un bicchiere di ceci con un bicchiere di acqua di cottura. Mettete in una casseruola alcuni cucchiai di olio, le verdure tritate, il rosmarino, un pochino di peperoncino, i funghi e fate appassire. Aggiungete prima il pomodoro, mescolate, poi le erbette e cuocetele per 4-5 minuti, infine i ceci frullati, quelli interi e l'acqua di cottura che avevate tenuto da parte. Proseguite con la cottura per circa 20 minuti. Servite la minestra con fette di pane tostato e insaporitela con un giro d'olio direttamente nel piatto.

Buon appetito!

PERIOD!
di Maike Wild

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